MIGLIORARE LA TECNICA

ARTICOLO DELLA SERIE

LE REGOLE PER L’ALLENAMENTO EFFICACE

Lo sportivo che pratica discipline di resistenza è un po’ allergico alla cura degli aspetti tecnici.

Questa forma di pensiero deriva in parte dalla filosofia di pensiero della metodologia d’allenamento del secolo scorso in cui si affermò il primato del volume di lavoro rispetto a tutti gli altri parametri (intensità, densità, frequenza). 

Il pensiero comune era che per migliorare nel nuoto, nel ciclismo e nella corsa, la sola cosa importante fosse macinare chilometri su chilometri in vasca, sulla bicicletta e al campo di atletica.

Un’altra possibile ragione era figlia del fatto che queste tre discipline erano ritenute meno dipendenti dalla tecnica rispetto a sport che nel gesto tecnico trovano la loro essenza; si pensi al tennis, alla pallavolo o alla pallacanestro. Il ragionamento, sintetizzando, era che per correre forte era sufficiente correre tanto, mentre per giocare bene a tennis, ad esempio, era inutile avere ottime capacità di corsa se poi si mostravano carenze tecniche rilevanti nell’utilizzo dello strumento specifico (racchetta).

L’evoluzione della metodologia dell’allenamento e delle conoscenze a essa connesse hanno prodotto nuove traiettorie di pensiero.

Pur rimanendo vero che esistono discipline sportive in cui la componente tecnica è prevalente, anche le discipline d’endurance (nuoto, ciclismo e corsa) presentano, in modalità differenti, elementi tecnici da curare e sviluppare pena la stabilizzazione della prestazione.

Se si volesse produrre una classifica in merito al coefficiente di importanza della tecnica in funzione del miglioramento delle tre discipline al primo posto va collocato il nuoto, al secondo la corsa e al terzo, quindi tecnicamente più facile, il ciclismo.

In realtà questa classificazione non è universalmente valida. Dipende, infatti, molto dalle esperienze passate dello sportivo in questione. Per un ex nuotatore l’approccio più difficoltoso sarà quello con la corsa, viceversa per un ex corridore.

Il concetto che si vuole passare è che il miglioramento non passa solo attraverso l’incremento dei chilometri svolti, ma anche all’evoluzione tecnica sulle singole discipline.

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Lo sportivo dilettante fa fatica a concepire  di miglioramento se legato all’idea di chilometraggio “zero”. Come coach non è semplice far comprendere allo sportivo che una seduta in vasca in cui si sono coperti solo 1500 mt in un’ora e mezza poiché si sono svolti molti esercizi di tecnica di nuotata (che rallentano la velocità della stessa per cui a parità di tempo impiegato producono un chilometraggio inferiore) è spesso più produttiva di una in cui si sviluppano 3000 mt, sempre in un’ora e mezza, nuotando in vasca senza soluzione di continuità, magari pensando a ciò che si dovrà fare al rientro in ufficio.

Ogni sessione d’allenamento in piscina dovrebbe prevedere una quota di esercitazioni tecniche; nell’allenamento della corsa almeno una volta alla settimana la seduta dovrebbe essere orientata verso questo scopo.

Leggermente diverso il discorso per il ciclismo praticato in età adulta. Infatti, se per l’apprendimento delle abilità di guida in età giovanile servono parecchie ore da dedicare alla tecnica, per lo sportivo adulto è raro prevedere esercitazioni specifiche. Ciò non vuol dire che non si debba fare attenzione a una serie di abilità che specie in gara ci si accorge essere fondamentali.

Lo scopo finale, parlando di miglioramento tecnico, è quello di togliere un più o meno ingombrante portabagagli dal tetto della nostra automobile.

Questa metafora serve a capire che eliminando o riducendo le resistenze al nostro procedere (nuotando, pedalando o correndo), con lo stesso motore e gli stessi pneumatici, la nostra velocità o la nostra potenza aumenterà o a parità di velocità (oppure potenza) si consumerà meno carburante a vantaggio di una più prolungata autonomia.

Dal punto di vista metodologico si parla di economia del gesto sportivo che può essere definita come la quantità̀ di energia impiegata a una determinata velocità o potenza.

Quanto un atleta riesca a essere economico dipende da diversi fattori tra cui l’anzianità d’allenamento, i fattori antropometrici, biomeccanici e fisiologici.

Un atleta “economico” è in grado di utilizzare meno energia a intensità sotto massimali, risparmiando così energia per durare più a lungo o per utilizzarne un surplus nelle fasi cruciali della competizione.

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