È più bello assistere a una finale sui 100 metri o all’arrivo solitario di un maratoneta dopo che ha sfiancato, uno a uno, la resistenza di tutti i suoi avversari?
Quale fatica vale di più? Come cambia la percezione della fatica ?
Quale vittoria è più prestigiosa ?
La medaglia d’oro alle Olimpiadi è la stessa per chi la vince in meno di 10 secondi di gara e per chi dopo più di due ore.
Chi merita di più? Chi fa più fatica?
È più emozionante l’armonia d’insieme di un team, in cui ogni giocatore sa come muoversi e suonareil suo spartito come un bravo orchestrale o l’assolo di un singolo campione di uno sport individuale?
E ancora: è più coinvolgente assistere ai festeggiamenti e agli abbracci dei giocatori di una squadra per la conquista di un punto o per la realizzazione di una rete, o l’arrivo a mani alzate di uno sportivo solo al comando?
Dal punto di vista dello spettatore, nessuna delle risposte è giusta o sbagliata. È questione di gusti.
E dal punto di vista dell’atleta?
Fa più fatica chi termina un Triathlon Olimpico abbondantemente sotto le due ore o chi giunge alla sua conclusione in due ore e trenta minuti?
Fa più fatica, non solo a livello metabolico, ma anche sul piano mentale, chi arriva nei primi dieci di un Triathlon Medio o chi a metà classifica impiegando parecchie decine di minuti in più?
Se da una parte è vero che per il triatleta che arriva nella top tenl’impegno globale di gara ha una durata inferiore, ma procedendo a una velocità più elevata, risulta più intenso, dall’altra il triatleta più lento non impegna criticamente il proprio organismo, nel senso delle intensità metaboliche raggiunte, ma il suo tempo di gara si dilata.
Naturalmente non esiste una risposta univoca in quanto l’argomento ha a che fare con la percezione della fatica. Tanto più l’atleta è allenato, tanto più il livello di percezione s’innalza.
Nel corso di una seduta ciclistica, un triatleta principiante già dopo 20’-30’ tende a controllare quanto tempo è trascorso dall’inizio dell’allenamento poiché si affacciano i primi segnali di fatica. Viceversa un triatleta di un maggior livello di qualificazione percepirà i segnali di fatica sia a livello fisico, ma soprattutto mentale ben più avanti nel corso dell’allenamento.
Queste considerazioni sono valide per tutte le discipline del triathlon e risultano ancora più significative per l’allenamento del ciclismo che, per le sue caratteristiche, prevede tempi d’allenamento superiori al nuoto e alla corsa.
Come si allenano gli aspetti metabolici e meccanici, anche quelli mentali trovano una loro ragione d’essere.
La capacità di riuscire a rimanere focalizzati durante una sessione di tre – quattro ore di ciclismo è allenabile. A questo scopo sono utili le esercitazioni di fondo medio estensivo e intensivo oppure le proposte di fondo misto che si avvicinano alle andature di gara.
Ne risulta migliorata l’attitudine dell’atleta alla corretta gestione e distribuzione dello sforzo in gara, grazie al sapiente utilizzo delle energie psicofisiche.
Al contrario, un eccessivo utilizzo dell’allenamento in gruppo, specie se condotto passivamente restando per larghi tratti nella sua pancia, non è particolarmente utile allo sviluppo di questa capacità.
Nella gestione di un allenamento ciclistico prolungato, una delle modalità più funzionali al raggiungimento dello scopo rimane quella di suddividere la seduta in tre – quattro step intermedi ognuno dei quali, pur essendo integrato dal punto di vista metodologico con gli altri, deve possedere una propria autonomia in termini di obiettivi parziali da perseguire.