L’individualizzazione dell’ allenamento

ARTICOLO DELLA SERIE

LE REGOLE PER L’ ALLENAMENTO EFFICACE

Ogni individuo, ogni sportivo è una persona unica. Affianco all’applicazione delle regole generali ci deve essere la personalizzazione delle stesse in riferimento a esigenze, peculiarità e caratteristiche del singolo sportivo. 

Ogni programma d’allenamento deve essere individualizzato. Ogni allenamento specifico deve essere adeguato alle capacità e potenzialità del singolo sportivo.

Ciò che contribuisce alla realizzazione di un piano sportivo per un atleta, potrebbe non essere allo stesso modo efficace su di un altro.

I principi dell’allenamento sportivo non possono essere applicati in maniera standardizzata su ogni persona, ma devono essere individualizzati in relazione alle  caratteristiche di ogni singolo atleta.

Infatti, ogni individuo si distingue da un altro in base a proprie caratteristiche, quali ad esempio quelle: 

– meccaniche;

a parità di livello d’allenamento ci sono sportivi che non possono superare i 40 km settimanali di corsa, mentre altri riescono a farlo senza incorrere in infortuni o fastidi muscolo tendinei.

– biochimiche;

sempre a parità di livello di preparazione, ci sono sportivi che, a seguito di uno stesso stimolo allenante recuperano con un solo giorno di riposo, mentre ad altri ne occorrono di più

– energetiche;

uno stesso allenamento ciclistico può causare una crisi di fame su uno sportivo e sul compagno d’allenamento nessun effetto di questo tipo.

– psicologico-motivazionali;

ci sono sportivi che sono sempre pronti ed entusiasti all’idea di affrontare l’allenamento, mentre altri hanno continuamente bisogno di essere spronati.

Uno dei concetti più importanti che testimoniano dell’importanza del principio d’individualizzazione è quello del carico fisico.

A seguito dell’applicazione di un carico fisico, mentre lo stimolo esterno è uguale per tutti (si pensi a un gruppo di sportivi che corrono insieme dieci km in 40’), lo stimolo interno è individuale e quindi tra loro diverso. Per una corretta lettura dell’allenamento è molto importante conoscere la reazione personale allo stimolo esterno (quindi le caratteristiche dello stimolo interno).

Sarà capitato a tutti di eseguire un allenamento con un compagno e il giorno dopo avere diverse reazioni al carico.

Lo stesso tipo di allenamento effettuato su persone con caratteristiche differenti porta a risultati diversi, ma non solo. Infatti, lo stesso tipo di seduta, eseguita in momenti distinti della preparazione dell’atleta, va a sollecitare in modo differente il suo organismo e pertanto porterà a effetti diversi.

A rendere il tutto ancora più affascinante c’è da considerare che, a parità di stimolo esterno, lo stimolo interno può essere diverso anche nella stessa persona in quanto la reazione di uno sportivo allo stesso allenamento varia in relazione alle sue condizioni psico – fisiche.

Il carico esterno è costituito dall’insieme delle esercitazioni (stimoli) da svolgere, dai contenuti dell’allenamento. E’ rappresentato da tutto ciò che si può misurare (velocità, potenza, kg sollevati, metri o km percorsi, tempo trascorso, numero di azioni tecniche).

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La sua grandezza è facilmente misurabile sia quantitativamente (ore d’allenamento, chilometri percorsi, numero di esercizi svolti, ecc.) che qualitativamente (intensità del lavoro proposto). 

Il carico o stimolo interno è invece rappresentato dalle risposte fisiologiche individuali, ovvero dall’effetto del carico esterno sull’organismo. 

La misurazione della grandezza del carico interno è molto più complessa (difficilmente misurabile) rispetto a quella del carico esterno, perché le risposte sono individuali e, a volte, molto differenti da individuo a individuo.

Si può parlare di personalizzazione inter-individuale e intra-individuale.

La personalizzazione inter-individuale fa riferimento al fatto che un piano d’allenamento che produce risultati su un atleta non necessariamente risulta efficiente per un altro, anche se quest’ultimo ricalca per caratteristiche il primo.

Questo vale a maggior ragione se i due sportivi sono differenti per caratteristiche, prerequisiti, livello di motivazione e obiettivi programmati. 

Ma l’individualizzazione è necessaria anche nel caso di due atleti simili non solo per caratteristiche ma anche per obiettivi. Si pensi, ad esempio, a ciò che è stato detto sulla differente risposta (stimolo interno) a uno stesso carico allenante proposto (carico esterno).

E’ il caso di coloro che si allenano costantemente all’interno di un gruppo. Certamente è più divertente, ma difficilmente si riesce a trovare un gruppo di atleti perfettamente omogenei tra loro per cui il risultato sarà sempre che qualcuno si allena meno del dovuto e qualche altro di più.

Quindi replicare in toto l’allenamento consigliato da qualche amico (poiché su di lui ha dato buoni risultati) o applicare a se stessi, senza nessuno spirito critico, la tabella del campione scaricata da internet non è mai una buona idea.

Se la personalizzazione inter-individuale può essere compresa anche solo affidandosi a concetti di ragionevolezza, quella intra-individuale si pone a un livello superiore e spesso è meno comprensibile da parte dello sportivo.

Lo sportivo che si auto gestisce è portato a pensare che se un’esercitazione effettuata tempo fa ha dato buoni frutti, sia automatico che continui a darli anche in futuro. Proprio per il fatto che l’individuo non è una macchina ma un organismo molto complesso in continuo divenire questo concetto non è applicabile

La ripetizione dello stesso allenamento, anche quando ha portato buoni risultati, non è mai una buona base da cui partire. E’ nota la conversazione tra un atleta che aveva appena vinto una medaglia d’oro alle Olimpiadi e il suo coach che rivolgendosi a lui disse: “Da domani, per confermarci al vertice, dovremo cambiare il sistema d’allenamento che ci ha condotto a questa medaglia”.

La motivazione è legata ai meccanismi dell’adattamento, della supercompensazione e del concetto di omeostasi trattati nel capitolo terzo.

Applicare a se stessi il concetto dell’individualizzazione è molto complicato. 

Essere allenatori di se stessi porta naturalmente a delle deviazioni rispetto alle corrette traiettorie. 

Si tende a fare ciò che ci piace di più, ciò che ci riesce meglio, non si è obiettivi rispetto a quello che realmente è necessario per progredire. E’ molto più facile rimanere nella propria zona di comfort.

Dunque, se un iniziale approccio all’attività fisica può essere fatto in autonomia se in possesso delle conoscenze di base, in un secondo tempo è bene rivolgersi a un allenatore professionista per essere guidati al meglio.

Infilarsi le scarpe e iniziare a correre in modo disordinato non porta benefici, anzi spesso è fonte di interruzione dell’attività causa demotivazione o infortuni muscolari dopo poche settimane. Non è difficile tanto iniziare a fare pratica sportiva, quanto proseguire con continuità. 

 Una volta scelto un allenatore, occorre dare ascolto solo a lui e in lui riporre fiducia. Uno degli errori più seri è di seguire varie opinioni sul tema con il risultato di produrre dentro di sé solamente confusione.

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